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Alla larga dalle “piramidi” – il caso TelexFree

La crisi economica degli ultimi anni ha portato, tra tanti problemi, anche al moltiplicarsi di “offerte di lavoro online” che promettono guadagni facili ma in realtà nascondo catene di sant’Antonio, chiamate anche “schemi piramidali” o “schema Ponzi”

La differenza fra uno schema piramidale e uno schema Ponzi è che il secondo è “diretto”, esiste un solo livello, mentre il primo si basa su un complesso sistema di livelli. Quello che li accomuna è che i soldi che provengono dai nuovi “investitori” sono usati per pagare i guadagni di chi è già nel giro, perché non esistono vere fonti sostenibili di ricavi.

Il più recente e noto dei quali è sicuramente quello messo in piedi da Bernard Madoff (e costatogli un congruo numero di anni di carcere), ma “l’offerta” abbonda e ultimamente anche in Italia si stanno moltiplicando offerte di tale tipo, promosse da persone con tanto pelo sullo stomaco e altrettanta avidità, pronte a truffare amici, colleghi e conoscenti pur di arrotondare lo stipendio. Il motivo di questo articolo è che sono entrato in contatto con qualcuno, tra truffatori e truffati, e i primi stanno lavorando sodo, in Italia e non solo, per nascondere quello che in questi giorni è successo ad uno di questi schemi, che inevitabilmente è finito per crollare, TelexFree, sfruttando la poca conoscenza dell’Inglese da parte di molte vittime più o meno ingenue. Spero di gettare un po’ di luce sulle ombre costruite ad arte da certi “promotori” per nascondere quello che in realtà è successo e sta succedendo.

TelexFree è uno schema piramidale che tentava di mascherarsi da “Multi Level Marketing” (che è legale, se rimane entro certi limiti)  tramite la vendita di un prodotto VoIP (che ovviamente nessuno usa), e la pubblicazione di annunci pubblicitari online. La truffa ha le sue radici in Sud America, Brasile, ma ha poi effettuato lo sbarco negli USA. Da lì si è poi espansa in Europa, anche in Italia. Non è difficile trovare gruppi sui social network, nonché siti di “promotori” che cercano di reclutare nuove “vittime” per questo (e altri) schema piramidale com’è ovvio debbano fare per guadagnarci. E ovviamente molte “vittime” a loro volta devono diventare “carnefici”, ops, scusate, “promotori” per fare soldi.

In Brasile già nel 2013 è finita nel mirino delle autorità Brasiliane con l’accusa di essere uno schema piramidale. Adesso anche la SEC e l’FBI sono intervenute negli USA per lo stesso motivo. La sede è stata perquisita dall’FBI (e il CFO fermato mentre cercava di sottrarre un laptop e dieci assegni circolari per 38 milioni di dollari), uno dei due co-fondatori, James M. Merrill, arrestato, mentre l’altro Carlos N. Wanzeler, è riuscito a fuggire in Brasile e dichiarato latitante. A Merril è stata negata la libertà su cauzione, visto il pericolo di fuga. La moglie di Wanzerler è stata fermata mentre cercava di raggiungere il Brasile, ed è stata poi rilasciata con obbligo di dimora.

Cose che normalmente non succedono ad una società che chiede (ed ottiene) il cosiddetto “Chapter 11”. Perché scrivo questo? Perché tra le attività di disinformazione dei “promotori” che circolano in rete per tenere buone le vittime della truffa, c’è la notizia che TelexFree ha chiesto la protezione del “Chapter 11”, la procedura del codice fallimentare USA che può essere richiesta da una società in fallimento per procedere ad una riorganizzazione anziché una liquidazione. Si tratterebbe quindi di una società sì in difficoltà, ma con ancora qualche prospettiva, quindi “attendete fiduciosi”…

Quello che ovviamente non vi dicono è che tale procedura deve essere approvata dal giudice fallimentare, che verifica se esistono i presupposti, e non è automatica. TelexFree ha tentato un’ulteriore mossa truffaldina, chiedendo lo status di operatore TLC in Nevada (nonostante la sede sia in Massachusetts), e quindi, pochi giorni dopo, chiedendo nello stesso Stato il fallimento sotto il “Chapter 11”. Ma il giudice di Las Vegas ha negato la richiesta, e inviato il tutto alla corte del Massachusetts. Secondo la SEC questa mossa è stata solo un tentativo di spostare dal Massachusetts ad un altro Stato l’indagine, oltre a permettere alla società di bloccare i pagamenti ai creditori, cioè agli stessi “affiliati” in attesa dei soldi promessi. Tutta l’attività in Nevada di TelexFree è una cassetta postale in un edificio che ospita un piccolo supermercato e un negozio per fumatori. Ma è assai difficile che una società-truffa possa riorganizzarsi (tranne dare vita ad ulteriori società truffa, come è accaduto e accade…) e ristrutturare il debito, non avendo beni materiali o non che possano essere usati a tal scopo. Anche perché il documento della SEC (il documento è un affidavit, una testimonianza giurata fatta davanti ad un magistrato) riporta che TelexFree deve qualcosa come circa 1.1 miliardi di dollari ai propri affiliati, a fronte di ricavi dalla vendita del prodotto VoIP di circa 1.3 milioni di dollari. Inoltre sia l’analisi dei movimenti bancari sia le notizie raccolte da un agente infiltrato della HSI (Homeland Security Investigations) nella rete dei promotori, hanno evidenziato che non c’era alcun reale flusso di cassa se non quello degli acquisti dei pacchetti da parte degli aspiranti promotori. Per di più diversi istituti bancari e sistemi di pagamento elettronico avevano già chiuso i loro rapporti con TelexFree in base alle loro norme interne antifrode e antiriciclaggio. Quindi la piramide stava crollando, e lo stesso documento riporta che già a dicembre Merril & C. stavano trasferendo milioni di dollari su conti personali, o di società a loro intestate, o tramite assegni circolari.

Aspettiamo la conclusione definitiva del caso, e rallegriamoci che “another one bites the dust” – un’altra truffa morde la polvere, anche, se come spesso accade, sarà difficile che i truffati vengano completamente rimborsati. Del resto, un po’ se la sono andata a cercare.

Quindi se avete speso soldi in TelexFree, accettate il fatto di averli buttati via (se avete guadagnato qualcosa, invece, ora sapete che sono il frutto di una truffa alla quale avete partecipato), e cercate di ricordarvelo la prossima volta che qualcuno vi propone un “affare” del genere. Ma fate molta attenzione a chi cerca di convincervi che sono “solo incidenti di percorso”, che “tutti i “business” possono fallire”, che “non c’è nulla di sicuro”, ecc. ecc. È facile vedere “promoter” di TelexFree cercare di giocare questa carta, per riciclare il loro pool di “vittime” nel prossimo “affare”. È anche sinistramente divertente leggere qualcuno di questi promotori che scrive  “la SEC … deve mietere vittime anche innocenti per dare lustro al suo operato e, in questo caso, i penalizzati siamo noi promotori”, poveri promotori, che pena mi fanno…. se non fossero proprio loro a mietere e  penalizzare le loro vittime più o meno innocenti per pura avidità. O che accusino la SEC di voler un effetto a “cascata” delle denunce… LOL! Sembra proprio la dantesca legge del contrappasso!

C’è una bella differenza fra un’attività imprenditoriale legale e lecita, che può fallire (e dove gli imprenditori onesti nel caso ci rimettono i propri soldi), e un’attività illegale e illecita che è destinata a fallire nel giro di breve tempo, ma solo dopo che farabutti che l’hanno messa in piedi si sono arricchiti a scapito di coloro che hanno creduto alle promessa di fare soldi facili. E tra i farabutti non ci sono solo i capi della truffa, ma anche molte persone che partecipano perfettamente consapevoli di quello che stanno facendo, e non hanno problemi morali a coinvolgere parenti, amici, colleghi, conoscenti, o – con le possibilità del web – perfetti sconosciuti, che magari si sono fidati sperando in qualche guadagno facile. Credevo che dopo aver letto Pinocchio da piccoli, fosse facile non credere al Gatto e alla Volpe e al loro suggerimento di seminare gli zecchini d’oro nel Campo dei Miracoli… ma evidentemente non è così.

Già che ci siamo ricordiamo che in Italia anche i promotori sono passibili di azione penale, l’art. 5 (Divieto delle forme di vendita piramidali e di giochi o catene) della legge 17 agosto 2005, n. 173 è chiaro:

  1. Sono vietate la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura.
  2. È vietata, altresì, la promozione o l’organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, piani di sviluppo, “catene di Sant’Antonio”, che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone e in cui il diritto a reclutare si trasferisce all’infinito previo il pagamento di un corrispettivo.

Non è vietata solo la “realizzazione di attività e strutture”, ma anche la sola “promozione”. Notate anche la frase “nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni”. Si parla di incentivo economico primario. Il fatto che esista o meno un prodotto come nel caso TelexFree (ma che non costituisce l’incentivo economico primario per i componenti della struttura), è irrilevante ai fini dell’applicazione della legge. Esiste anche una sentenza della Corte di Cassazione (sentenza 30 maggio 2012, n. 37049), che ha stabilito che è irrilevante che le “vittime” abbiano aderito volontariamente all’offerta.

Le pene sono stabilite dall’art. 7 della stessa legge, comma 1:

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque promuove o realizza le attività o le strutture di vendita o le operazioni di cui all’articolo 5, anche promuovendo iniziative di carattere collettivo o inducendo uno o più soggetti ad aderire, associarsi o affiliarsi alle organizzazioni od operazioni di cui al medesimo articolo, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno o con l’ammenda da 100.000 euro a 600.000 euro.

Come dire, “promotore avvisato, mezzo salvato”, specialmente se pensate di entrate nel gioco presto per sfruttarlo e poi scappare con il gruzzolo prima che arrivi l’inevitabile crollo. Pertanto vi consiglio se siete stati truffati di iniziare un’azione legale contro questi “promotori”, specialmente se si sono avvalsi di mezzi quali siti web, gruppi Facebook ecc. che rientrano nella categoria della “promozione delle strutture di vendita” e “iniziative di carattere collettivo”, e che sono utilizzabili come prove contro i promotori. Vi consiglio anche di tenere copia delle pagine, nel caso tentino di cancellarle. Aiuterà a semplificare l’attività di indagine. E agite presto, prima che il promotore cancelli le sue tracce. Tenete anche presente il “salvo che il fatto costituisca più grave reato”. Queste truffe che comportano spostamenti di denaro all’estero, guadagni non dichiarati al Fisco, probabile evasione dell’IVA, ecc. ecc. potrebbero anche configurare una serie di reati oltre a quello della Legge 173/2005. Tra questi posso immaginare, anche se non sono un esperto, riciclaggio, trasferimento illegale di denaro all’estero, evasione fiscale, ecc. ecc.

Quindi, alla larga dalle piramidi, o se proprio non potete farne a meno, le originali egiziane e sudamericane valgono sicuramente una visita. E almeno quelli sono soldi ben spesi 🙂